Nel settore agroalimentare negli ultimi anni sia a livello Europeo che nazionale si è sentita fortemente l’esigenza di dettare regole a tutela del consumatore, a tutela dell’ambiente e per la creazione di un mercato sicuro in UE.
A tali fini, con riguardo alla tematica dell’etichettatura dei prodotti , con Legge n. 287 del 1990 è stata istituita l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (conosciuta come Antitrust) e sono nate la Direttiva n. 2000/13 (recepita in Italia con L.n.181/2003), il Regolamento n. 1924 del 2006 ,che per la prima volta introduce il concetto di consumatore medio, ed il Regolamento n. 1169 del 2011.
Certamente diventa oggetto di dibattito chi rappresenti il cd. consumatore medio: è colui che prima di acquistare un prodotto legge le etichette? E’ colui che compra alimenti solo nei negozi c.d. Bio? Ma al di là di questo argomentare sull’individuazione del consumatore medio, si pone con evidenza al centro dell’attenzione del legislatore, sia statale che europeo, il fatto che al consumatore devono essere fornite le corrette informazioni per permettergli di operare scelte consapevoli. La tutela della salute viene posta come una priorità: l’art 10 del richiamato Regolamento del 2006 ad es. proibisce che nelle etichette (e nei messaggi pubblicitari) di prodotti alimentari vengano riportate informazioni sulla salute e al precedente art. 9 si spiega come sia possibile svolgere la pubblicità comparativa tra due o più alimenti. Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il Regolamento n.1169/2011 che tutela la ‘scelta consapevole’ in quanto impone al produttore di dare un minimo di informazioni obbligatorie sul prodotto, anche nelle vendite a distanza, dove si ha un’informazione anticipata diretta al consumatore finale.
Gli strumenti di tutela in Italia nascono già dal 1966, quando venne creato l’Istituto di autodisciplina Pubblicitaria (IAP), al cui interno si individuano il Comitato di Controllo ed il Giurì.
Qualsiasi consumatore è legittimato, ove si avveda di un caso di pubblicità scorretta, a sollevare una segnalazione al Comitato di controllo, che valuta la fondatezza della doglianza ricevuta. Se essa è fondata, la questione viene posta dal comitato davanti al Giurì, che ha il potere di ordinare come sanzione la rimozione della pubblicità scorretta. Il Comitato, oltre che su lamentela del singolo consumatore, può operare anche d’ufficio.
Il Giurì in sede decisionale esaminerà il contesto in cui la pubblicità segnalata come scorretta si è svolta: vaglierà in sostanza se chi ha recepito la pubblicità sia in grado di comprenderne l’effettiva portata. Infatti, per fare un rapido esempio, il pubblico di uno spot televisivo mandato in onda nel pomeriggio è certamente differente da quello cui si rivolge un annuncio riportato da riviste specializzate, che potenzialmente sono lette solo esperti.
Non sono permesse pubblicità diseducative o che passino messaggi con discriminazioni razziali o sessuali. Inoltre massima attenzione viene prestata alle pubblicità o etichette che hanno come pubblico potenziale i bambini, gli adolescenti nonché in materia di sostanze alcooliche ed integratori alimentari: per quanto attiene i minori non è permesso l’abuso della credulità insita nel bimbo né sono permessi messaggi che possano spingere i più piccini a gesti imitativi pericolosi; i claims delle bevande alcoliche non devono condurre il consumatore all’uso squilibrato di alcool ed infine , per quanto riguarda gli integratori alimentari o prodotti dietetici è vietato reclamizzare caratteristiche particolari di cui tali prodotti sono in realtà privi.